Con il suo fisico androgino e la sua bellezza pallida e fragile, Kate Moss è diventata un’icona capace di ispirare intere generazioni di donne, modelle, stilisti ma anche musicisti, artisti e fotografi.
“Ha poco seno, le gambe storte e i denti irregolari” – racconta l’esperta moda e autrice di Kate Moss Style Angela Buttolph nel documentario – eppure dall’alto del suo metro e 72 Kate Moss si è alzata a livello delle più grandi top model, facendosi largo tra le Naomi Campbell e le Claudia Schiffer e spodestando di fatto le mannequin più glamour degli anni Ottanta. Ma quale strategia si cela dietro questo successo? A questa domanda cerca di rispondere il documentario diretto dalla regista e giornalista Nicola Graef Kate Moss – Nascita di un’icona in onda in prima visione assoluta e in esclusiva su Sky Arte (canale 106, 120 e 400 di Sky) venerdì 21 settembre alle 21.15.
Seguendo il filo rosso delle sue copertine e delle sue sfilate, il film ripercorre la carriera di Kate Moss dagli anni Ottanta, quando a soli 14 anni viene scoperta da un’agenzia di modelle, agli anni Novanta, quando segna la scena come musa di Calvin Klein, fino ai giorni nostri dove le sue foto campeggiano ancora sulle strade di New York e Parigi. La cronaca di un successo, arricchito dalle testimonianze di coloro che hanno accompagnato la sua ascesa, come la creatrice Vivienne Westwoodsecondo cui Kate Moss “ha un temperamento punk” e il fotografo Peter Lindbergh che ne sottolinea l’aspetto “cool”, per scoprire come una top model sia diventata un’immagine onnipresente nell’immaginario pubblico mondiale.
Lontano dai cliché associati al mondo della monda – tra sesso, droga e rock’n’roll – Nicola Graef cerca di cogliere e raccontare la personalità della top model ribelle e anticonformista che ha saputo restituire l’immagine di una donna misteriosa, anticonvenzionale e indipendente non solo in Occidente ma anche in Oriente. Il film s’interroga poi sul concetto di icona nei nostri giorni, cercando di analizzare come si è evoluta nel tempo e cosa resta oggi della religiosità e della sacralità che pervadevano le icone del passato.
Oltre Westwood e Lindbergh, intervengono nel documentario: il fotografo Albert Watson, l’esperto di storia della moda Kohle Yohannan, il collezionista Christian Boros, l’artista Daniele Buetti, il giornalista di moda Colin Mc Dowell, lo stilista Andreas Kronthaler, il regista Mike Figgis, il pittore Chuck Close, l’esperto di arte contemporanea Jean-Paul Engelen, l’artista Yang Yong e il presidente di Yves Saint Laurent Beauté Renaud De Lesquen.