Profondità delle lande desolate dell’inferno. Un tranquillo ed eterno giorno di torture strazianti. D’un tratto si leva un latrare sguaiato, sono i diavoli di malebranche che corrono da una parte all’altra alla ricerca del loro Re: il terribile Satana. Sulle rive dello Stige sono giunte millemila anime, così, d’un tratto, portate all’altro mondo da una fulminante peste bubbonica, vaiolica, assassina e vigliacca.
L’Ade è di colpo intasato e Minosse, impietoso giudice delle anime, è costretto a fare i salti immortali per esaminare le colpe di tutti. Le operazioni vanno a rilento, gli spiriti protestano, insorgono, volano insulti e qualche brutta bestemmia. Belzebù, con profonda saggezza, offre uno sconto di pena alle anime di tre buffoni, Zuan Polo, Domenico Tagliacalze e Pietro Gonnella per tornare a fare ciò che in vita gli riusciva meglio: intrattenere.
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Lo spettacolo ripesca dall’antica arte del buffone, l’intrattenitore per antonomasia, il più devoto cultore dello sghignazzo.
Da che mondo è mondo i Comici sono spaventati quanto attratti dall’Inferno. Non c’è niente da fare, l’Averno è la destinazione finale per chi è pronto a tutto per strappare una risata. L’inferno e tutti i suoi sulfurei carcerieri sono alla base della tradizione popolare e dei racconti dei cantastorie. Esso racchiude al suo interno l’alto e il basso, il tragico e il grottesco. Abbiamo provato ad indagare, tra il tardo medioevo e il rinascimento, qualche esempio di racconti infernali, libelli basso corporei dal sentore mefitico. I fablieux francesi ne sono ricolmi, uno su tutti “il peto del villano”. Racconto faceto su un povero spirito demoniaco vittima dei miasmi di un contadino malsano.
Sempre a proposito di morte la tradizione orale del nostro paese racconta di alcuni momenti carnevaleschi dove si usava recitare il paradossale testamento del porco e, perché no, di numerosi altri animali da cortile, ascoltati in pubblica piazza prima di diventare portata principale del martedì grasso. Ma di storie, novelle, cantari e stornelli ce ne sono e ce ne sarebbero molti.
A narrare questi episodi sono tre attori o meglio buffoni, comici, reietti, gente disposta a tutto per portare il riso. Lo faranno servendosi dell’arte buffonesca, quella maestria quattrocentesca che partorì poi la grande tradizione dei comici dell’Arte. Strambe figure, novelline, travestimenti grotteschi, cantari bislacchi, maschere demoniache e improvvisazioni oscene saranno alla base de “Buffoni all’Inferno”, un decamerone buffo e tragico.
CREDITI:
con Matteo Cremon, Michele Mori, Stefano Rota
soggetto originale e regia Marco Zoppello
scenografia Matteo Pozzobon e Roberto Maria Macchi
maschere e carabattole Stefano Perocco e Tullia Dalle Carbonare
costumi Lauretta Salvagnin
disegno luci Matteo Pozzobon
musiche originali Ilaria Fantin
assistente alla regia Alvise Romanzini
realizzazione costumi Antonia Munaretti
scenografia realizzata nella bottega di Stivalaccio Teatro da Roberto Maria
Macchi e Matteo Pozzobon con la consulenza artistica di Alberto Nonnato
calzature Aldo Biasibetti
produzione e distribuzione Federico Corona
produzione Stivalaccio Teatro
si ringraziano il Teatro Busnelli di Dueville e l’Accademia Olimpica di Vicenza
Biglietti: intero 22€/ ridotto 16€/ speciale 10€ in abbonamento