Recupero dati in camera bianca: un hard disk non è per sempre

img-6438_tDiversi mesi fa la famosa azienda Seagate, produttrice di hard disk, è stata denunciata da diversi utenti perchè secondo questi ultimi i prodotti sotto accusa si rompono con eccessiva regolarità costringendo diversi utenti a soluzioni drastiche, dalla sostituzione dei dischi fino alla procedura di recupero dati in camera bianca.

Ciò che è stato contestato fortemente alla Seagate è il ciclo di vita dei suoi hard disk che, contrariamente a quanto pubblicizzato dalla stessa azienda, risulta essere di gran lunga inferiore e da questa constatazione alla denuncia per pubblicità ingannevole è stato un attimo.

La persona che ha avviato questa causa legale, che pare assumere i contorni di una class action, ritiene che sia i dischi interni che quelli esterni siano tanto difettosi da rompersi dopo poco tempo dalla installazione.

A sostegno della tesi del signor Nelson anche il rapporto di Backblaze azienda che si occupa principalmente di backup dei dati, la quale ha pubblicato uno studio attraverso il quale conferma una percentuale di rottura di alcuni prodotti della Seagate (quelli incriminati da 1,5, 2 e 3GB) particolarmente alta rispetto a prodotti di marche concorrenti ed anche ad altri modelli della stessa casa.

Ciò che dovrebbe preoccupare di questa denuncia è che, nonostante sia stata presentata diversi mesi fa, ad oggi, la quantità di persone che non hanno ben chiara l’importanza di proteggere i propri dati è ancora molto alta, basti pensare che molte aziende specializzate in questo settore sono corse ai ripari adeguando la loro tecnologia per offrire servizi sempre più avanzati, come ad esempio l’italiana Recovery File che ha costruito all’interno della propria struttura un ambiente dedicato per il recupero dati in camera bianca.

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Esistono infatti diverse tipologie di approccio al delicato problema degli hard disk che smettono di funzionare, si possono mettere in atto soluzioni di tipo software oppure di tipo hardware ma in ogni caso è sempre preferibile rivolgersi ai professionisti del settore.

Sopratutto se, come evidenziato dalla denuncia di questo signore statunitense, ci si trova di fronte a prodotti particolarmente avvezzi alla rottura, considerando ovviamente che rimane ancora tutto da dimostrare.

Intanto però è possibile mettere in pratica diverse azioni che possono supportare gli utenti riducendo il rischio della potenziale perdita di dati, partendo sopratutto da una politica di backup particolarmente seria.

Privati o aziende, il problema rimane per entrambi perchè l’importanza di ciò che contiene un hard disk è qualcosa di prettamente personale, per i primi possono contare le fotografie scattate durante le vacanze mentre per le seconde saranno, ad esempio, i dati contabili piuttosto che gli ordini dei clienti a risultare imprescindibili dalla propria attività.

Quello che conta è l’attenzione che ognuna di queste figure impiega nel proteggere queste informazioni con i mezzi che la tecnologia oggi mette a disposizione di chiunque.

In caso di problemi infatti sarà possibile circoscrivere i danni ed intervenire con un prodotto software che consenta di riconoscere e recuperare i dati dal proprio hard disk, ma nel caso in cui quest’ultimo abbia subito un grave danno di natura hardware sarà impossibile effettuare una qualsiasi operazione che non comprenda l’eventualità di procedere con il recupero dati in una camera bianca.

Ed è anche ad evitare questa tipologia di interventi che punta la richiesta del Sig. Nelson denunciando un produttore che contrariamente a quanto promuove attraverso la propria pubblicità si ritrova con un tasso altissimo di rotture spontanee costringendo fin troppi utenti di ricorrere a soluzioni anche drastiche.

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