Oggi è un’altra di quelle giornate importanti che cercano di puntare l’obiettivo e informare sui tanti problemi che affliggono il nostro pianeta, oggi è la giornata mondiale degli oceani istituita nel 1992 a Rio de Janeiro nell’ambito del Vertice sull’ambiente, quest’anno si punta sul benessere dei nostri mari che equivale al benessere di tutti noi portando ancora una volta in evidenza la piaga delle tonnellate di plastica che inquinano le acque.
Degli 8,8 milioni di tonnellate di plastica che si riversano in mare ogni anno, 5,3 provengono dai Paesi dell’area Asia-Pacifico. La Cina da sola ne produce 3,5 milioni di tonnellate. In queste nazioni il riciclo della plastica è poco sviluppato, i rifiuti rimangono nell’ambiente e finiscono in mare. Sacchetti e tappi uccidono circa 100mila animali marini ogni anno, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration americana. Uno studio del World Economic Forum afferma invece che dal 2050 gli oceani potrebbero contenere più bottiglie di plastica che pesci e che il 32% di questi rifiuti a livello globale sfugge ai sistemi di raccolta e viene abbandonata in natura.
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Accanto alla plastica, però, i nostri mari sono minacciati anche da riscaldamento globale, pesca intensiva, perdita di ecosistema e inquinamento di vario tipo. Gli oceani, ricordano le Nazioni Unite, garantiscono sopravvivenza a tre miliardi di persone e generano circa tremila miliardi di dollari all’anno in termini di risorse e industrie, il 5% del Pil globale. Solo le specie conosciute che li popolano sono 200mila, ma gli abissi potrebbero ospitarne milioni. Gli oceani fanno inoltre da parafulmine agli effetti dei cambiamenti climatici grazie alla capacità di assorbire circa il 30% della CO2 prodotta dall’uomo.
Il riscaldamento globale è un’altra spada di Damocle che pende sulla salute dei nostri oceani. Sorvegliato speciale è l’Artico.Un rapporto di Greenpeace evidenzia che per effetto del riscaldamento della regione, più veloce rispetto al resto del globo, nell’emisfero nord del pianeta potranno aumentare i fenomeni meteorologici estremi. Estati con scarsa copertura di ghiacci artici sono infatti spesso associate a un aumento della temperatura superficiale del Mediterraneo. Inoltre, sottolinea Greenpeace, il ritiro dei ghiacci rende più facile lo sfruttamento delle risorse naturali nel Mar Glaciale Artico: pesca, trasporto marittimo e trivellazioni fanno gola a molti e minacciano la sopravvivenza di questo fragile ecosistema.
L’allarme del Wwf
Con l’attuale livello di riscaldamento e acidificazione dei mari rischiamo di perdere le barriere coralline entro il 2050. A lanciare l’allarme è il Wwf, sottolineando che il “countdown” per il Mediterraneo potrebbe essere già cominciato. Un indicatore è la grande diffusione delle meduse dovuta al riscaldamento delle acque, alla distruzione degli ecosistemi marini e alla modificazione delle catene alimentari prodotto da un pesca eccessiva e insostenibile. Mentre prima si registravano picchi di presenza di meduse ogni 10-15 anni, oggi abbiamo cadenze annuali.